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Boccalatte Gabriele (1807-1938)

Nato nel 1807 a Orio Canavese, in Piemonte, da due pittori, Boccalatte si diploma al Conservatorio di Torino e si specializza in pianoforte. Comincia ad effettuare le prime importanti ascensioni nel 1925 con Guido De Rege e Michele Rivero. Compie il servizio militare nel 1927, per poi tornare a dedicarsi alla musica e all’alpinismo. In seguito al matrimonio con Ninì Pietrasanta si trasferisce a Milano. Muore con Mario Piolti nel 1938 durante l’ascensione all’Aiguille de Triolet sul Monte Bianco a causa di una scarica di sassi. Si ricorda per la sua eleganza stilistica di scalata e per numerose imprese alpinistiche come: la prima scalata del Petit Capucin per la parete Sud con Renato Chabod (1929); la traversata delle guglie dell’Aiguilles Rouges du Brouillard (1930); la prima ascensione del Trident del Mont Blanc du Tacul con Luigi Bon e Piero Ghiglione (1930); la prima ascensione de La Tour des Jorasses per la Cresta Sud e il versante Sud-Ovest con Renato Chabod, Piero Zanetti e Guido De Rege (1931); l’invernale del Cervino con Giusto Gervasutti e De Rege (1932); la prima ascensione del Pointe Ninì con Ninì Pietrasanta, Chabod, Ghiglione e Zanetti (1932); la traversata dei Rochers della Brenva con Pietrasanta, Gervasutti e Zanetti (1933); la prima diretta per la parete Est dell’Aiguille des Glaciers con Ghiglione e Mario Piolti (1933); l’apertura di una nuova via sulla parete Est e Cresta Sud-Est dell’Aiguille de la Brenva con Pietrasanta (1934); la scalata del Nevado de los Leones nelle Ande (1934); la traversata della Meije (1935); la direttissima della parete Est dell’Aiguille de la Brenva con Pietrasanta (1935); la prima della parete Ovest e della Cresta Sud della Punta Bich dell’Aiguille Noire de Peutérey con Pietrasanta (1935); la prima ascensione del Pic Adolphe con Pietrasanta, Gervasutti e Chabod (1935); l’apertura di una nuova via sulla parete Sud-Ovest dell’Aiguille Blanche de Peutérey con Pietrasanta (1936); l’apertura di una nuova via della parete Est del Mont Blanc du Tacul con Pietrasanta (1936); la prima della parete Nord del Monte Greuvetta con Ettore Castiglioni (1937); l’apertura di una nuova via sul pilastro Sud della Punta Gugliermina con Gervasutti (1938). Scrive Piccole e grandi ore alpine, Milano, Ripalta, 1939.

 

Titolo: Piccole e grandi ore alpine

Luogo di edizione: Milano

Casa editrice: Ripalta

Anno di pubblicazione: 1939

Edizione italiana di riferimento: Piccole e grandi ore alpine, Torino, Vivalda, 1997.

 

Il volume viene pubblicato postumo dalla vedova di Boccalatte, Ninì Pietrasanta, che decide di dare alle stampe i diari dell’alpinista dopo la sua scomparsa. Ogni capitolo, dunque, corrisponde a un anno e le varie esperienze annotate dall’alpinista sono introdotte dall’indicazione del giorno e del mese. Il libro è corredato da nove fotografie in bianco e nero, dotate di didascalie esplicative. Il primo capitolo, 1932, prende avvio con la scalata del Cervino da parte di Boccalatte, Giusto Gervasutti e Guido De Rege, passando per la cresta di Furggen a fine febbraio. L’autore, che registra puntigliosamente le temperature raggiunte sia al sole che all’ombra, racconta che l’impresa viene compiuta senza corde d’assicurazione e utilizzando i ramponi. Dopodiché, l’autore descrive la salita alla cresta tra il Monte Mallet e l’Aiguille de Rochefort con Renato Chabod, compiuta in giugno, poi è la volta della fessura Knubel, dell’Aiguille Verte e della parete Nord delle Jorasses in luglio: il 14 luglio viene segnalato l’incontro con Ninì Pietrasanta che, il 17, lo medica alla testa dopo una caduta dalla parete. In seguito, Boccalatte e il suo gruppo scalano una punta del Monte Bianco che chiamano Pointe Ninì per poi tornare velocemente al rifugio Leschaux, dove si ritrovano con alpinisti tedeschi, austriaci, svizzeri, francesi e polacchi che riempiono «il rifugio di chiodi, moschettoni e staffe. […]. Sembra l’officina di un fabbro!» (p. 40). Il mattino successivo, Amilcare Cretier, Lino Binel, Pietrasanta e Boccalatte devono soccorrere ‒ invano ‒ due tedeschi precipitati dalla parete Nord del Dru e l’autore commenta: «Fra tutte le guide francesi che si trovano al Montenvers, pur avendo saputo della triste notizia, nessuna si è offerta per venire in soccorso dei caduti. In terra francese, sono solamente quattro italiani che si muovono per soccorrere due tedeschi!» (p. 41). Boccalatte racconta poi dell’ascensione al Petit Dru, al Requin passando per la via Dibona e alla cima Madonna. Successivamente, vengono narrate le imprese alpinistiche compiute da Boccalatte e i suoi amici dal febbraio all’ottobre 1933 ‒ tra cui il Pic Gamba, l’Aiguille Noire, il Tour della Brenva, l’Aiguille du Diable, il colle delle Jorasses, la direttissima al Monte Bianco di Courmayeur, l’Aiguille des Glaciers, la Cima Grande di Lavaredo per la via Dülfer e lo spigolo della Fiammes dove Pietrasanta usa la sua cinepresa ‒ descritte come una serie di avventure in comitiva. È interessante che Boccalatte riferisca di una riunione a Cortina d’Ampezzo del Congresso del C.A.A.I. il 9 settembre 1933, durante la quale Domenico Rudatis «propone l’accettazione delle donne nell’accademico» (p. 86). L’autore poi riporta le scalate compiute nel 1934 dal mese di luglio a ottobre: il Mont Fréty con Pietrasanta e Rivero ‒ Boccalatte e la donna indossano un costume da bagno per praticità ‒, l’Aiguille della Brenva con Gervasutti e Pietrasanta, il Monte Bianco, l’Aiguille Noire de Peuterey ‒ «Bellissima la salita del diedro, tutto delicato; […]. Sensazioni raffinate dell’arrampicamento e dell’equilibrio» (p. 100) ‒ il Corno Stella e la Punta Plent. Nella primavera del 1935, così come riportato nel quarto capitolo, Boccalatte compie alcune ascensioni insieme a cordate del C.A.I. e del G.U.F. Durante l’estate si susseguono le scalate, tra cui il Meije, l’Aiguille della Brenva in direttissima per la Parete Est, il Pic Adolphe, l’Aiguille Noire de Peuterey per la Parete Ovest e il Pan di Zucchero della Civetta con i fedelissimi Gervasutti, Chabod e Pietrasanta. Il quinto capitolo riguarda le scalate del 1936 con amici e Pietrasanta, dal mese di maggio a quello di settembre, tra cui la prima ascensione alla Punta Mafalda per lo spigolo Nord-Est, l’Aiguille de l’Eveque passando per la parete Est, l’Aiguille Blanche de Peuterey, il Mont Blanc du Tacul e il Mont Rouge du Triolet. Il capitolo si conclude con quest’annotazione, datata 28 ottobre: «Da compagna di cordata, Ninì diventa oggi la compagna della vita. Viaggio di nozze a Parigi» (p. 202). Nel 1937, Boccalatte inizia le sue ascensioni già a gennaio, tentando invano di scalare il Dent Blanche con Alfonso Castelli. Seguono gite, allenamenti, momenti conviviali e ascensioni, sempre con amici alpinisti e la moglie. Il 3 luglio quest’ultima e l’autore si recano a Roma per ricevere le medaglie al valore atletico da parte del C.O.N.I. ‒ consegnate da Mussolini ‒ per l’impresa sul Mont Blanc du Tacul. L’ultimo capitolo racconta le ascensioni del 1938, tra cui un’invernale del Cervino con Castiglioni. Il diario si conclude con un appunto del 12 luglio in cui Boccalatte riporta di aver trascorso il pomeriggio in uno chalet con amici alpinisti, alcuni tedeschi, la moglie e il figlio, mentre il volume termina con alcune righe scritte da Ninì Pietrasanta in ricordo del marito. Trattandosi di diari pubblicati postumi, il libro appare più come una sorta di raccolta di appunti che di un’autobiografia vera e propria. La sovrabbondanza di incisi e l’adozione di un lessico piuttosto comune rendono la lettura rapida, scorrevole e di facile comprensione anche per i non addetti ai lavori. Durante le ascensioni indossa ramponi o pedule, utilizza chiodi, staffe e corde di assicurazione ma talvolta arrampica slegato. Dichiara di trovarsi «molto più sicuro dov’è in gioco l’equilibrio e la leggerezza» (p. 148), evitando al contrario passaggi in cui è necessario esclusivamente l’uso della forza. Nel corso del quarto capitolo, Boccalatte esprime la sua opinione riguardo all’alpinismo e, in particolare, si sofferma sulla sostanziale differenza di senso tra l’esperienza di una prima ascensione e quella di una ripetizione che prevede l’«impegno di superare le sole difficoltà tecniche (piantando magari un’infinità di chiodi» (p. 139). Dalle pagine del suo diario emerge la sua costante ricerca della bellezza, della via più elegante, dello stile di arrampicata più armonico, presentandosi al lettore quasi come un esteta dell’alpinismo italiano.

 

[Clementina Greco, 10 settembre 2024]

Ultimo aggiornamento

05.02.2025

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